SCELTE DI VITA E DI NON VITA
Non ha ancora compiuto 26 anni Justine Henin ed è da parecchio tempo l'indiscussa regina del tennis femminile; eppure ieri ha annunciato al mondo la sua decisione di smettere. Un anno fa, giusto in questo periodo arrivò il ritiro dell'altra metà del Belgio, ma nonostante Kim Clijsters avesse all'epoca solo 24 anni, quella decisione fu meno sorprendente, dato che Kim aveva spesso manifestato l'intenzione di non giocare troppo a lungo, senza contare i numerosi infortuni avuti, in particolare al polso sinistro. Così il piccolo Belgio, che all'inizio del secolo in maniera improvvisa ne era diventato una delle superpotenze, con la stessa velocità sparisce dalla geografia del tennis rosa. Non era mai accaduto nella storia di questo sport che qualcuno si ritirasse guardando tutti dall'alto, come sta facendo Justine dal novembre del 2006, da quando, diventata numero 1 (peraltro non per la prima volta, lo era già stata diverse settimane tra il 2003 ed il 2004), non ha più mollato lo scettro di regina. La decisione di Justine è arrivata improvvisa ed è stata colta con stupore da tutto il circuito, anche se dalle sue dichiarazioni è emerso che si tratta di una scelta meditata da diverso tempo. Eppure dall'esterno la sensazione è sempre stata quella di una ragazza estremamente focalizzata sulla sua carriera sportiva, forse anche per dimenticare i drammi che ne hanno accompagnato l'esistenza e cercare di riprendersi a colpi di racchetta ciò che la vita le aveva sottratto. Ci è brillantemente riuscita, vincendo sette Grand Slam e chiudendo 3 anni (2003, 2006, 2007) al numero uno, ma, a sentirla, pare che ormai il mondo del tennis non le possa più dare nulla; da qui la decisione, senza rimpianti e con la promessa che indietro non tornerà. Allora buona fortuna Justine, la tua è una scelta di vita coraggiosa, magari non condivisa da tutti, ma che tutti hanno l'obbligo di rispettare.
Poche ore prima dell'annuncio di Justine, nella chiesa di San Marco al Molo, a Genova, veniva dato l'ultimo saluto a Vincenzo Tagliasco, docente di bioingegneria, che, ancor più improvvisamente della Henin, aveva deciso qualche giorno prima di ritirarsi, non solo dalla carriera di docente universitario ma anche da quella di essere vivente. Le motivazioni date nella sua lettera d'addio sono legate al disagio per non essere riuscito a trasformare l'università secondo quelli che erano i suoi ideali. A chi lo conosceva, sembra impossibile che una persona così piena di interessi possa aver perso ogni stimolo ad andare avanti. Un gesto del genere può sembrare ancora più inspiegabile da parte di uno studioso del cervello umano.
Personalmente, avendo fatto economia, non ho avuto il piacere di averlo come docente, quindi non mi sento in grado di tentare di dare spiegazioni a questa vicenda; però penso che non sia giusto catalogare il suicidio come irrazionalità, così come credo sia sbagliato considerarlo un gesto senza senso, in particolare se messo in atto da una persona che ha fatto della razionalità un'attività di vita. Essere razionali non vuol dire non essere capaci di vivere delle emozioni, piuttosto porta a controllarle meglio, a non lasciarle trapelare all'esterno; per cui credo che sia proprio la razionalità che spesso fa sfociare il disagio silenzioso di un essere umano in un gesto così tragico.
Comunque, contrariamente alla scelta di Justine, qui ho maggiori difficoltà ad affermare che sia giusto rispettarla. Penso che ogni essere umano abbia la libertà di fare quello che vuole della propria vita, anche se questo può far soffrire le persone a lui vicine, ma penso anche che quando si è genitori i doveri morali nei confronti dei figli limitino questa libertà.
Nella vita si può scegliere quasi tutto: cosa fare, dove vivere, quali persone frequentare; ma i genitori no, quelli non si possono scegliere: perché si può anche decidere di morire, ma nessuno può decidere di nascere.